Con la legge n. 101/2011 è stata istituita la Giornata nazionale in memoria delle vittime dei disastri ambientali e industriali causati dall’incuria dell’uomo che ricorre il 9 ottobre di ogni anno
La ricorrenza del 9 ottobre è particolarmente significativa dato che è legata all’anniversario della tragedia del Vajont, quest'anno ancora più rappresentativa poiché si commemora il cinquantenario della terribile catastrofe (1).

Corriere della Sera 11-10-1963
Sono stati versati fiumi di inchiostro e di parole -oltre che di lacrime per le vittime-, ma i morti del Vajont non hanno avuto colpevoli, poiché il processo, apertosi con grande ritardo solo nel febbraio 1968, dopo perizie e controperizie, con lo spostamento della sede giudiziale da Belluno a l’Aquila, ha portato infine alla pronuncia della sentenza della Cassazione a lievi condanne per gli imputati principali (l’Ing. Biadene della S.A.D.E. e l’ispettore del genio civile Sensidoni) per la non prevedibilità della frana del monte Toc.

Per i risarcimenti civili ai comuni di Longarone e di Erto-Casso si è dovuto pazientare sino al 1997, mentre il discorso sulla ricostruzione è ancora aperto, tanto che dopo più di 20 anni nel 1999 è stata presentata una proposta di legge intitolata “Disposizioni per la definitiva ultimazione dell'opera di ricostruzione delle zone colpite dalla catastrofe del Vajont” (2).

In tempi recenti l'impegno di Marco Paolini con il suo monologo ha riportato la vicenda alla memoria degli italiani e delle loro coscienze in nome di morti e dei sopravvissuti.

Fra le cause principali della tragedia (3) vi è stata la collusione tra la grande industria e la politica, l’indifferenza di fronte alle tematiche del rischio ambientale della stampa di allora, visto che ad eccezione della giornalista dell’Unità, Tina Merlin, nessuno si preoccupò del Vajont prima della catastrofe (4) e, causa non ultima, l’asservimento del mondo scientifico alle leggi del profitto e del potere economico-imprenditoriale.

Un parte di responsabilità non indifferente è infatti da attribuirsi ai tecnici che a partire dal 1937 (Dal Piaz in primis) suffragarono con rapporti contraddittori la sostenibilità del progetto della Società Adriatica di Elettricità, che deteneva già il monopolio degli impianti idroelettrici di Udine e Belluno. La concessione governativa per la derivazione delle acque del Vajont arrivò solo nel 1948, ma bisognò attendere il 1956 per ultimare l'esproprio delle terre degli abitanti dei borghi di Erto e Casso ed il 1959 per l'ultimazione dell'opera di ingegneria progettata da Carlo Semenza.  Nel suo libro "Sulla pelle viva" la Merlin usa parole pesantissime riferendosi alla "prostituzione della scienza accademica al monopolio privato".

Anch’io come molti cittadini, ben rappresentati dal magistrato Maurizio Santoloci (5), mi chiedo se sia giusto utilizzare la parola “incuria” di fronte ai disastri ambientali ed industriali, causati dall’inosservanza delle leggi sui vincoli paesaggistico-ambientali e idrogeologici ad opera delle stesse amministrazioni pubbliche, dalla violazione dell’inedificabilità con costruzioni abusive o peggio autorizzate da atti amministrativi illegittimi (i cosiddetti “illeciti ambientali in bianco”)”, dalla cementificazione selvaggia ed incauta, dalla deforestazione, dall’ipersfruttamento delle cave e dalla ripetuta infrazione delle norme di salute pubblica.

Purtroppo è la solita storia dell’umana superficialità o meglio il leitmotiv di immoralità e corruzione che si ripete in Italia ed all'estero, basti pensare a Bophal in India (6) o tornando ai fatti di casa nostra, all'alluvione del Sarno ed al caso dell'Ilva di Taranto.

Di fronte all’ennesima catastrofe è pura ipocrisia attribuire la responsabilità o parte di essa alla natura matrigna e la memoria a posteriori è insufficiente a sollevarci dal peso delle colpe.

(1) La frana staccatasi dal Monte Toc il 9 ottobre 1963, provocò la tracimazione del bacino artificiale costruito dalla Sade sulla riva del torrente Vajont: 50 milioni di metri cubi d'acqua s'abbatterono sul paese di Longarone e sfiorarono Erto-Casso. Il risultato furono quasi 2000 morti. 
Bibliografia del Vajont: http://www.vajont.net/page.php?pageid=SEZIO009
Ulteriore documentazione è offerta dal saggio di Maurizio Reberschak "Per un archivio diffuso del Vajont. Inventari e documenti degli archivi del processo penale e della Commissione parlamentare d'inchiesta" http://www.vajont.info/isbrec/REBER/isbrec1Docum.html
(2) cfr. http://www.senato.it/leg/13/BGT/Schede/Ddliter/6384.htm e per il testo del progetto di legge vedi http://leg13.camera.it/_dati/leg13/lavori/stampati/sk6500/articola/6287.htm
(3) Vajont: pianti e commemorazioni ‘da pasticceria’ di Sergio Noto cfr. http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/10/08/vajont-pianti-e-commemorazioni-da-pasticceria/736520/
(4) Nel suo libro “Sulla pelle viva”  Tina Merlin racconta la vicenda a partire dagli studi preparatori e dagli espropri che portarono alla costruzione della diga della S.A.D.E.
Sulla pelle viva : come si costruisce una catastrofe : il caso del Vajont /Tina Merlin. - 4. ed. - Sommacampagna : Cierre, 2001. - 192 p. : ill. ; 20 cm.- (Percorsi della memoria ; 02)
(5) Si legga il contributo di Maurizio Santoloci in Ecoscienza n. 4, 2011, http://www.arpa.emr.it/cms3/documenti/_cerca_doc/ecoscienza/ecoscienza2011_4/santoloci_es4_11.pdf
(6) La nube tossica  fuoriuscita dalla UCIL di Bhopal nel dicembre 1984 provocò circa 20.000 morti e patologie successive in  migliaia di persone contaminate
per l'inquinamento di terra, aria e acqua.
Cfr. http://www.corriere.it/esteri/10_giugno_07/strage-bhopal-otto-colpevoli_e94bda2a-720e-11df-9357-00144f02aabe.shtmlhttp://it.wikipedia.org/wiki/Disastro_di_Bhopal