Torno a parlare di terremoto, ma stavolta dal punto di vista della ricostruzione post sismica, sia per mia personale curiosità, sia perché ispirata dalla visione dell’intelligente programma di Philippe Daverio “Il capitale”, nel quale vengono mostrati gli esempi incoraggianti di Venzone e Gemona (terremoto del 1976) e di Nocera Umbra (terremoto del 1997), dove la ricostruzione di alcuni monumenti (1) è stata possibile grazie all'impegno pubblico e privato ed alla meticolosa numerazione e catalogazione di ogni singolo pezzo di macerie.   Terremoto del Belice

Premesso che dagli errori commessi dopo ogni terremoto si può imparare, diciamo che la disastrosa gestione del terremoto del Belice (Sicilia occidentale, gennaio 1968-febbraio 1969) (2), servì a sviluppare l'idea di protezione civile, mentre l’esperienza negativa della mancata ricostruzione fornì utili considerazioni per la ripresa dopo il sisma del Friuli Venezia-Giulia (maggio-settembre 1976).

Come ha scritto Sandro Fabbro (3), in qualità di presidente della commissione nazionale INU (4) “Politiche Infrastrutturali”, gli obiettivi in Friuli furono: il ripristino immediato delle attività produttive e la ricostruzione fisica degli insediamenti e dei centri storici distrutti, compresi i monumenti, secondo linee guida di continuità e normalità per evitare sradicamenti e per mantenere e valorizzare le radici etnico-culturali.

Certo nel caso friulano ad agevolare la ripresa servì sicuramente il tempestivo stanziamento, dopo soli due giorni dall’evento sismico, di 10 miliardi di lire da parte del Consiglio Regionale e la relativa autonomia messa in atto, nonostante i vincoli del sistema di pianificazione urbanistica e territoriale allora vigente.
Alla fase emergenziale seguirono i passi della ripresa produttiva (contributi a fondo perduto per le imprese industriali, artigiane ed agricole), della ricostruzione insediativa (edilizia delle abitazioni, opere pubbliche e servizi) ed infine della vera e propria ricostruzione abitativa.    
Non mancarono però sbagli, sia nella valutazione dei comuni realmente disastrati rispetto a quelli danneggiati, sia nella riparazione degli edifici non irrimediabilmente compromessi dal terremoto, basata su un recupero massiccio senza requisiti antisismici, per far fronte all’esigenza di alloggi subito, secondo l’avventato slogan "dalle tende alle case", prevalente nei primi mesi del 1976 (5), nonché l’assenza di adeguate strumentazioni di valutazione, di indirizzi metodologici e tecnici, a livello urbanistico e la mancata individuazione di aree per la discarica degli inerti da demolizione, tutte conseguenze dell’ampia libertà concessa agli enti locali nella ricostruzione.

Purtroppo il terremoto dell'Irpinia (novembre 1980), oltre a reiterare gli errori del Belice (danni aggravati da edilizia fatiscente, soccorsi tardivi e disorganizzati, mancanza di infrastrutture logistiche), costituisce anche uno dei più vergognosi esempi di corruzione, ruberie e speculazione con il numero dei comuni colpiti lievitato nel corso degli anni, ingenti finanziamenti di denaro pubblico sperperati, con pieno profitto dei "professionisti delle macerie", a fronte di una ricostruzione ad oggi ancora incompleta, nonostante indagini della magistratura, inchieste e commissioni parlamentari (6).

Il più recente terremoto dell’Aquila (aprile 2009) rappresenta una delle peggiori catastrofi italiane dopo il terremoto dell'Irpinia e quello del Friuli, non tanto per l'intensità della scossa, ma per crolli e distruzione di edifici pubblici, attribuibile anche a gravi errori di progettazione, mancati controlli di staticità ed adeguamento antisismico (ad esempio il crollo della Casa dello studente), per i notevoli danni al patrimonio storico-artistico e non ultimo per l'immobilità nella rimozione delle macerie (in Abruzzo in 3 anni è stato rimosso solo il 38% dei quasi 4 milioni di tonnellate di macerie) (7).
In Comando e controllo, il film documentario girato nel capoluogo abruzzese da Alberto Puliafito, viene esposta poi la tesi secondo la quale i disastri permettono ai governi di adottare misure eccezionali e antidemocratiche, giustificate dallo stato di emergenza, che comportano spesso abusi come la manipolazione dell'informazione e  la dislocazione forzata e lo sradicamento delle popolazioni terremotate (8).

Per quanto riguarda infine i fatti emiliani dello scorso maggio, è troppo presto sia per dare giudizi critici che per la ricostruzione, dato che la sequenza sismica è ancora in atto, ma non è prematuro discutere e valutare come riavviare le attività produttive e ridare una casa alle popolazioni danneggiate, lasciando che la speranza vinca la paura e non permettendo che "la burocrazia uccida più del terremoto" (9).

Il rispetto e la conoscenza del territorio riguardano tutti, indipendentemente dalla percentuale di rischio sismico delle zone in cui viviamo.  Per chi fosse interessato ad una giornata di studio sul terremoto ed in generale sui comportamenti da adottare in caso di sisma, si segnala la conferenza del 10 luglio prossimo "La sequenza sismica iniziata il 20 maggio 2102 in Emilia e Lombardia", organizzata dal prof. Alessandro Michetti (10) e dal suo staff, in collaborazione con i Vigili del Fuoco di Como.

(1) Ad esempio Il Duomo di S. Andrea a Venzone (Udine) distrutto al 97% è stato ricostruito completamente. La piazza principale di Nocera Umbra è tornata all'antico splendore (il centro abitato distrutto all'85%), mentre sono in corso di restauro la sede vescovile e la cattedrale.
(2) All’iniziale inerzia dello Stato, dovuta alla sottovalutazione della gravità dell’evento sismico nella Valle del Belice, si aggiunse l’assenza di organizzazione logistica, i tardivi finanziamenti e nel lungo periodo la ricostruzione totalmente casuale e non finalizzata alla ripresa, all’occupazione ed alla vita sociale delle persone. Si realizzarono opere faraoniche inutili come la città-museo di Gibellina e l'autostrada Palermo-Mazara del Vallo (la cosidetta “autostrada del deserto”), ma non venne ripristinata la viabilità ordinaria tra i centri abitati, né venne mai più ricostruita la ferrovia Salaparuta-Castelvetrano che collegava i paesi dell'area terremotata con la zona costiera.
(3) Professore di Pianificazione Territoriale presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Udine. 
Cfr. http://www.inu.it/blog/terremoto_abruzzo/wp-content/uploads/2009/04/fabbro-ricostruzione-friuli.pdf
(4) Istituto Nazionale di Urbanistica
(5) Gli effetti precari delle riparazioni compiute vennero praticamente annullati dalle scosse del settembre 1976, con conseguente spreco di finanziamenti per edifici recuperati e poi definitivamente distrutti dal nuovo evento tellurico.  
(6) "Il sisma dell’Irpinia ha regalato agli italiani una massa di debito pubblico pari ad almeno quattro punti di Pil" in"I professionisti delle macerie" di Sergio Rizzo (Corriere della Sera on line del 04/10/2010)
http://www.corriere.it/europeo/cronache/2010/14/europeo-14-sergio-rizzo-professionisti-macerie_d09409de-cfa7-11df-8a5d-00144f02aabe.shtml
(7) cfr. i dati ufficiali a p. 9 del rapporto del Commissario Delegato per la Ricostruzione in Abruzzo
http://www.commissarioperlaricostruzione.it/content/download/43257/313789/file/ricostruzione_%206%20aprile%202012.pdf
(8) cfr. Puliafito "L’Aquila immobile. Comando e controllo" su http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/04/06/laquila-immobile-comando-controllo/202749/
(9) frase attribuita a Danilo Dolci: poeta, sociologo, attivista, teorico della non violenza e molto altro ancora (1924-1997). 
(10) Docente di Geologia dell'Università degli Studi dell'Insubria.
La conferenza "La sequenza Sismica iniziata il 20 maggio 2012 in Emilia e Lombardia. Primi risultati dei rilievi geologico-ambientali in fase emergenziale" avrà luogo martedì 10 luglio (ore 14.00), a Como, presso l'Aula Magna della sede di S. Abbondio dell'Università degli Studi dell'Insubria.