Scriveva Seneca che “i fenomeni che ci sono familiari ci paiono meno impressionanti; quelli insoliti fanno più paura” (1): solo la conoscenza può quindi liberare l’uomo dalle sue paure ancestrali e fra queste vi è sicuramente il timore scatenato dal terremoto.

Il filosofo, nelle “Questioni naturali”, parlando degli eventi sismici del 62 d.C. in Campania, indicava la pazzia fra i primi effetti psicologici e stigmatizzava il terrore primitivo, profondo e incontrollabile, scatenato dal tremore della terra, mettendo in evidenza il rapporto tra l'ignoranza di un fenomeno “naturale” e l‘amplificazione della paura.

terremoto San Francisco 1906


Purtroppo in tema di fobia causata da eventi tellurici, come dimostrano i recenti fatti emiliani,  dall'antichità ad oggi non è cambiato molto nelle reazioni umane, perché il terremoto scuote due cardini sui quali si fonda simbolicamente la nostra esistenza: la casa e la terra.

La perdita della casa è come perdere se stessi, perché l’abitazione è un’immagine simbolica della propria personalità, mancanza che viene avvertita in modo più grave dai bambini che la disegnano spesso in forma antropomorfa.
Vedere la terra (simbolo della realtà) frantumarsi e scomparire sotto i piedi, pone invece in evidenza il limite del controllo dell’uomo sul mondo.

La paura fa parte della natura umana ed illustri personaggi sono testimoni del terrore scatenato dai terremoti: ad esempio Benedetto Croce conservò per tutta la vita il ricordo sconvolgente e drammatico del terremoto del 1883 a Casamicciola, sull’isola di Ischia, dove a 17 anni perse entrambi i genitori.

Come messo in rilievo da articoli, interviste, riprese televisive e testimonianze diffuse in rete, il prolungamento della sequenza sismica in atto in Emilia, porta alla cronicizzazione della paura e ad uno stato di angoscia che protratto nel tempo può sfociare in patologie più gravi (2).

Scrive Monia Benini “ogni scossa è impressa a fuoco vivo sulla pelle, che brucia e fa male, anche senza toccarla, anche senza vederla. E’ il terrore che sento nella voce delle mie vicine di casa, delle mie amiche, che dal 20 come me non riescono a dormire, perché basta il minimo dondolio del letto per farti scattare in allarme e per farti schizzare fuori il cuore dal petto” (3).

Dagli errori si può imparare e, anche se nulla può ripagare le vite umane perse, i danni ed i disagi arrecati alle vittime dei terremoti, esigere il monitoraggio del territorio, la prevenzione del rischio ed il rispetto e il miglioramento delle normative antisismiche nella costruzione degli edifici, resta comunque un dovere civico per tutti.


(1)
Seneca "Questioni naturali”, Libro VI "Il terremoto"
(2) Per la sindrome post traumatica da stress sismico si veda: La terra trema, la mente trema. Analisi psicosociale del terremoto dell’Aquila / Marco Longo in CONSUMATORI, DIRITTI e MERCATO. Argomenti n. 2/2010
http://www.altroconsumo.it/nt/nc/news/la-terra-trema-la-mente-trema-analisi-psicosociale-del-terremoto-dell-aquila-consumatori-diritti-e-mercato-14
(3) cfr. l’articolo del 30/05/2012 L’insostenibile pesantezza del terremoto di Monia Benini: "Il sisma che nel 1570 si abbatté sulla mia città, prolungò il suo strale di morte per 4 anni, con scosse potenti, morti e distruzioni diffuse. Allora il 30% della popolazione sopravvissuta se ne andò per sempre da Ferrara. Oggi i cittadini vorrebbero restare e ricominciare, ma hanno diritto ad avere risposte e certezze. Le Istituzioni abbiano quel coraggio necessario per azioni lungimiranti. Mostrino quel rispetto che si deve ai propri cittadini e quella necessaria alta considerazione del valore più grande: la vita umana". http://www.informarexresistere.fr/2012/05/30/linsostenibile-pesantezza-del-terremoto/#axzz1xCmQ8SzP

N.B.*** Le foto sono tratte dal libro fotografico: San Francisco in ruins : a pictorial history of eight score photo-views of the earthquake effects, flames’ havoc, ruins everywhere, relief camps / the photographs by J.D. Givens. – Denver : Smith-Brooks Co., c1906. - iv, 112 p. : chiefly ill. ; 18 x 25 cm.
N.B. 2***
L'intestazione del mio contributo prende spunto dal titolo dell'articolo già citato di Marco Longo (diamo a Cesare quel che è di Cesare ...)