Credo che la parola "femminismo", oggi dismessa e rivestita di una connotazione negativa, sia percepita dai più come un'ideologia di genere un po' fanatica e superata, mentre impazza sulla stampa "femminicidio", un'espressione francamente brutta e dal senso terribile.


Nell'appena trascorsa giornata dell'8 marzo dialogando con donne ed amiche, mi son ritrovata non solo a discutere di significati linguistici, ma soprattutto a riflettere sulla condizione femminile attuale: mi è riapparsa quindi un'idea che davo per scontata ovvero che il movimento femminista ha portato all'affermazione dell'autodeterminazione della donna, una conquista dirompente nella società degli anni '70, paragonabile a ciò che ha rappresentato negli anni '60 la lotta di decolonizzazione per l'autodeterminazione dei popoli.

Oggi diamo per acquisiti diritti come il divorzio, il domicilio indipendente da quello del coniuge, l'aborto e persino l'esercizio di alcune professioni come il magistrato, ma senza le mobilitazioni e le lotte femministe saremmo ancora ferme ad un diritto di famiglia arcaico, incentrato sulla patria potestà e ad un codice penale dove lo stupro veniva trattato solo come un'offesa alla morale pubblica, disconoscendo il fatto che la parte lesa fosse la donna, il cui corpo era stato violato.

Le recenti elezioni hanno portato in Parlamento il 31%  di donne (percentuale mai raggiunta nella storia della nostra Repubblica): la partecipazione femminile attiva alla politica (non solo elettorato passivo) è un segno tangibile dei cambiamenti culturali sui quali bisogna investire per raggiungere una parità di opportunità ancora lontana, dato che il lavoro di cura domestica di casa e figli grava ancora quasi esclusivamente sulle spalle delle donne e l'accesso all'impiego e ad alcune cariche (vertici di aziende e consigli di amministrazione) è ancora fortemente limitato al genere femminile, nonostante le donne abbiano eccellenti e migliori risutati scolastici degli uomini.

Personalmente infine devo la mia formazione bibliotecaria ad una scuola "femminista", avendo frequentato, seppur con spirito libero e non ideologicamente allineato, il corso per documentaliste tenutosi presso la Fondazione "Elvira Badaracco" (1) e le lezioni di sociologhe del movimento come Marina Piazza (2) e di storiche del calibro di Annarita Buttafuoco (3). 

La solidarietà e la coesione nel perseguire obiettivi comuni è un insegnamento che purtroppo le donne non hanno ancora appreso.

(1) Ex CSSMLD (Centro Studi Sul Movimento di Liberazione della Donna) cfr. http://www.fondazionebadaracco.it/informazioni/index.htm
(2) Marina Piazza è tra l'altro autrice del saggio "L'età in più. Narrazione in fogli sparsi" (ed. Ghena).
Per l'anteprima  rimando al link http://www.ghena.it/Files/Sfogliabile/101/index.htmlhttp://27esimaora.corriere.it/articolo/una-vecchiaia-tutta-nuova-fine-di-un-tabu/

(3) Per biografia e bibliografia cfr.  http://it.wikipedia.org/wiki/Annarita_Buttafuoco