Molti romanzi sudamericani sono popolati di personaggi femminili che esercitano il mestiere più antico del mondo.
Basti pensare a Jorge Amado con le sue eroine (Teresa Batista ...) ed a Vargas Llosa (le "visitatrici"  e le "lavandaie") per cogliere quanto sia poetica, positiva e colma di un erotismo mai volgare la visione romanzata e d'autore del meretricio.

Teresa Batista è una sindacalista del settore, le "visitatrici" sono il servizio più efficiente dell'esercito peruviano: insomma sono tutte donne che esercitano il mestiere con onestà e dignità, oltre che per necessità. Parole che sembrano stonate visto il tema, ma che non lo sono affatto.

Io non so nulla di prostituzione reale, salvo l'eco di storie bestiali di sfruttamento e squallore che mi arriva dai giornali e dai documentari televisivi, ma posso affermare con certezza che le poche prostitute che ho visto in strada non avevano né dignità né bellezza.

Le zoccole di regime, di cui si circondano alcuni nostri rappresentanti politici, sono la peggior espressione del mestiere, perchè non hanno l'onestà di dichiarare quello che realmente sono, ma si coprono le spalle con appellativi tipo escort, hostess e via dicendo.  Inoltre i bisogni per cui esercitano, non sono certo primari e di sussistenza, ma necessità del superfluo e del lusso. 

Perchè allora non istituire come nel romanzo di Vargas Llosa "Pantaleon e le visitatrici"  un servizio di mignotte di Stato? 

Con buona pace della senatrice Merlin, l'omonima legge ha posto fine solo alla regolamentazione della prostituzione (legge n. 75 del 20 febbraio 1958), ma non allo sfruttamento, né all'esercizio della stessa.

Chiamiamole "visitatrici"?