Con buona pace dei gattofili, la Mongolia non è decisamente un paese per gatti, sia a causa della condizioni climatiche estreme (inverni che raggiungono anche -40 ed estati a +45), ma anche per la presenza di rapaci in grado di minacciare la sopravvivenza dei piccoli felini domestici (1).

Detto ciò sono rimasta affascinata dalla terra di Chinggis Khaan (come più correttamente viene translitterato il nome di Gengis Khan), immensa e meravigliosa nella sua varietà di paesaggi ed anche nelle sue contraddizioni: un territorio grande 5 volte l'Italia, con densità di popolazione bassissima, seconda solo alla Groenlandia, ospita poco più di 3 milioni di abitanti, dei quali oltre la metà vive nella capitale Ulaan Baatar.

Mongolia steppa

A meno che non si decida di arrivare con la ferrovia transiberiana, i tempi di viaggio non sono certo quelli di Marco Polo e, anche in assenza di un collegamento diretto dall'Italia, scegliendo il volo da Milano, con scalo a Mosca, si raggiunge Ulaan Bataar in poco più di 10 ore, alternativa decisamente migliore rispetto alla scelta dei voli via Pechino o Seul. 

Le condizioni di soggiorno negli ultimi anni sono nettamente migliorate per i visitatori occidentali e salvo nel Gobi, dove la carenza d'acqua incide lievemente sulla qualità e gestione dei campi gher, nessun disagio o limitazione di rilievo ha turbato il mio soggiorno nel paese.

Bisogna sfatare inoltre i pregiudizi negativi sulla cucina mongola che, seppur monotona e basata essenzialmente su carne e latticini, non offre solo pecora e capra: nelle guaz locali è possibile assaggiare cibo più autentico come i bansh (ravioli) ed i khuushuur  (una specie di gnocco di pasta fritto) ripieni di carne di montone o di manzo, gustose zuppe di carne, patate, carote e funghi, ben accompagnate da birra Chinggis o Altai Gobi. La dieta dei turisti è arricchita anche con pasta, riso, verdure e non mancano poi mele, mirtilli, yogurt ed abbondanti colazioni.

La scelta del fuoristrada 4×4 come mezzo di trasporto al posto degli Uaz sovietici, indistruttibili, ma devastanti per i passeggeri, ha reso facile percorrere oltre 2500 km in meno di 2 settimane, anche se fondamentale è stato l'apporto dei due autisti locali.

Appena uscita dalla capitale dell'eroe rosso (2) ho ricevuto l'omaggio odoroso dei prati col profumo di artemisia e lo sguardo è stato catturato dal giallo dei tappeti naturali di fiori di colza e dalla comparsa di cavalli, pecore, capre che più degli umani popolano la steppa e tutto il territorio mongolo, sostituiti in parte al sud dai cammelli ed al nord dai pelosi e mansueti yak (3).

L'itinerario di viaggio mi ha portato nel deserto dei Gobi a Bayazang per vedere le "Flaming cliffs" e la falesia dei dinosauri, dove tra il 1922 ed il 1925 il paleontologo americano Roy Chapman Andrews (4) rinvenne uova e numerosi fossili di dinosauro e poi a Khonghorin Els con le sue distese di dune di sabbia dette Duut Mankhan ovvero "le dune che cantano" per il fenomeno acustico prodotto dal vento.

Sorprendente è stata poi la visita alla parte settentrionale del paese che durante l'estate rievoca il paradiso terrestre per la ricca vegetazione di conifere ed il popolamento della fauna e della flora.

Vicino a Jargalant ho ammirato paesaggi montani e distese di stelle alpine, di astri viola e di anemoni multicolori e successivamente ho apprezzato nel parco nazionale del Terkhiin Tsagaan Nuur l'area vulcanica con splendidi laghi craterici e la facile salita alla cima del vulcano Khorgoo.
Indimenticabile poi è stato il breve soggiorno al lago Khosvgol: l'"oceano madre" dei Mongoli incanta con le sue distese azzure e rasserena con la sua tranquillità.

Infine per scoprire la parte spirituale della Mongolia occorre visitare i monasteri sopravvissuti alla devastazione stalinista negli anni '30: in primis Erdene Zuu, collocato vicino all'antica capitale Karakorum e circondato da mura con 108 stupa bianche, Gandam che ospita la grande statua del saggio Megjid Janraiseg (5) consacrata dal Dalai Lama nel 1996 e il settecentesco Amarbayasgalant, in stile cinese con le sue preziose collezioni di arte buddista.

Un viaggio lascia tracce permanenti perché come ha scritto John Steinbeck "Le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone". 

Mai come negli immensi spazi mongoli mi sono sentita libera ed in pace con me stessa: una sensazione che ho conservato al ritorno, perché la visita della Mongolia mi ha reso una persona nuova, rigenerata dal contatto con la natura, con gli animali, con le sue genti nomadi, fiere e prive di nevrosi.


      


NOTE
(1) Il discorso non vale per felini selvatici tipo il gatto di Pallas deto anche "gatto delle steppe" più simile alla lince e che purtroppo è in via di estinzione.
(2) Ulaanbaatar significa "eroe rosso"  con riferimento al soprannome del generale Sukhbaatar,  eroe nazionale mongolo, protagonista della liberazione dai cinesi. 

(3) Una sorta di mucca pelosa, con una testa da bisonte acconciata con una specie di permanente dread ed i capelli come frange di un tappeto, è la divertente descrizione dello yak fatta da Massimo Zamboni nel libro "In Mongolia in retromarcia"
(4) Nato nel 1884, grazie alle sue spedizioni nel deserto dei Gobi, divenne famoso come esploratore e poi direttore dell'American Museum of Natural History di New York.
Come "dragon hunter" ha ispirato la figura di Indiana Jones cfr. http://roychapmanandrewssociety.org/wp-content/uploads/rca-article.pdf e
https://roychapmanandrewssociety.org/roy-chapman-andrews/
(5) La statua originaria era stata distrutta dai sovietici negli anni '40. Il governo e il popolo mongolo attribuirono grande importanza alla ricostruzione della statua di Megjid-Janraiseg (che significa "il signore che osserva in ogni direzione"). Nel 1996, dopo cinque anni di lavoro la statua alta 25 metri è stata ricollocata.  Del peso di oltre 20 tonnellate, realizzata in rame proveniente dalle miniere di Erdenet, ricoperta d'oro (offerto dal Nepal e dal Giappone) e di broccato ricamato con più di 100 chilogrammi di seta. La statua contiene 2286 pietre preziose, 27 tonnellate di piante medicinali, 334 sutra e 2 milioni di mantra!

BIBLIOGRAFIA
Mongolia / Federico Pistone, Dulamdorj Tserendulam. - Faenza : Polaris, 2017. - 519 p., [16] carte di tav. : ill. ; 21 cm. - (Guide. Asia). 

Mongolia / edizione scritta e aggiornata da Michael Kohn, Anna Kaminski, Daniel McCrohan. - 5. ed. italiana. - Torino : EDT, 2015. - 351 p., : ill. ; 20 cm.- (Lonely planet). 

Gengis Khan : la nascita del mondo moderno / Jack Weatherford ; traduzione di Karel Plessini ; illustrazioni di S. Badral. - Gorizia : LEG, 2015. - 339 p. : ill. ; 24 cm. - (BUS : Biblioteca universale di storia ; 2).

Il barone Ungern : vita del khan delle steppe / Leonid Juzefovič ; traduzione di Paolo Imperio ; revisione di Mara Morini. - Roma : Edizioni Mediterranee, 2018. - 393 p. : [8] carte di tav. ; 24 cm.

Il leopardo e lo sciamano : [in viaggio tra i misteri della Mongolia] / Federico Pistone ; prefazione di Sveva Sagramola.- Milano : Sperling & Kupfer, 2018. - IX, 213 p., [8] carte di tav. : ill. ; 23 cm.

In Mongolia in retromarcia / Massimo Zamboni. - 3. ed. riveduta e corretta. - Cerasola Ausa di Coriano : NdA, 2013. - 146 p. ; 21 cm.

I cavalli del vento : magico mondo di una sciamana della Mongolia / Sarangerel ; [traduzione di Giulia Amici]. -Vicenza : Il Punto d'Incontro, 2002. - 218 p. : ill. ; 22 cm.

Yeruldegger : la morte nomade / Ian Manook ; traduzione di Maurizio Ferrara. - Roma : Fazi, 2018. - 413 p. ; 21 cm. - (Darkside ; 23)
Yeruldelgger : tempi selvaggi / Ian Manook ; traduzione di Maurizio Ferrara. - Roma : Fazi, 2017. - 473 p. ; 21 cm. - (Darkside ; 15).
Yeruldelgger : morte nella steppa / Ian Manook ; traduzione di Maurizio Ferrara. - Roma : Fazi, 2016. - 524 p. ; 21 cm. - (Darkside ; 5). 

On the trail of ancient man: a narrative of the field work of the central asiatic expeditions / by Roy Chapman Andrews ; with an introduction and a chapter by Henry Fairfield Osborne.  - New York ; London : G.P. Putnam's Sons, 1926. - XXIV, 375 p., [60] p. di tav. : ill. ; 24 cm.

Under a lucky star : a lifetime of adventure / Roy Chapman Andrews. - New York : The Viking Press, 1943. - 300 p. ; 22 cm.

Dragon hunter : Roy Chapman Andrews and the central Asiatic expeditions / Charles Gallenkamp ; foreword by Michael Novacek ; with the cooperation of the American Museum of Natual History.
 - New York : Penguin Books ; Viking, 2002.- XXIV, 344 pages, [32] pages of plates : ill., maps on lining papers ; 24 cm.