In quale altro posto al mondo potete trovare dei camerieri filippini, vestiti da messicani che vi servono la cena in un ristorante francese, provando la sensazione di essere in un grande parco divertimenti?
Aggiungete la visione di strade magnifiche, prati inglesi ed aiuole fiorite curate in modo impeccabile, accanto a marciapiedi di marmo, macchine di lusso e fuoristrada da 80.000 euro per scorrazzare nel deserto ed eccovi servito l'Oman (1).

Sono partita per il paese di Sindbad il marinaio con l'aspettativa di trovarmi nel più autentico fra gli Stati della penisola arabica: attesa solo in parte soddisfatta.

Wadi Bani Khalid
Il paese è scarsamente popolato (4 milioni di abitanti) e gli omaniti, che fino agli anni '70 vivevano senza scuole ed esportando unicamente incenso e datteri, ora sembrano in preda alla sindrome dello shopping alla Paris Hilton, vittime di una modernità  invadente.
Si deve all'attuale sultano Qaboos Bin Said Al-Said (2) lo sviluppo e l'ammodernamento del paese tramite istruzione e sanità gratuite, la creazione di un sistema viabilistico moderno, la tutela dell'ambiente e l'imposizione di precisi vincoli urbanistici (case di un solo piano).
In politica estera l'Oman si mantiene neutrale, intrecciando buone relazioni diplomatiche non solo con i vicini Stati del Golfo, ma anche con i paesi occidentali.

La parte migliore e più vera della terra omanita è rappresentata senza ombra di dubbio dal paesaggio naturale ben preservato, mentre per quanto riguarda le vestigia architettoniche, in passato una sconsiderata politica di restauro ha messo fin troppo a nuovo alcuni monumenti, come ad esempio il forte di Nizwa.
I wadi, i palmeti, i villaggi, le vette del Jebel Shams (la montagna del sole), le dune di Wahiba sands, le spiagge chilometriche affacciate sull'Oceano Indiano e ricche di conchiglie, rendono onore alla fama di bellezza dell'Oman, mentre nei suq traboccanti di merci importate e di fronte all'edilizia sia pubblica che privata, ostentante ricchezza eccessiva, si coglie una nota stonata, soprattutto se si considera la schiera di immigrati indiani e pakistani occupati a svolgere i lavori più umili.

La cucina è più speziata di quella magrebina ed influenzata dalla vicinanza con l'India, ma la presenza di numerosi ristoranti etnici ed internazionali rende piacevole il soggiorno anche dal punto di vista culinario: cercando di non pensare troppo agli occhioni dei dromedari, mi son lasciata convincere a mangiare spiedini di carne di cammello, mentre nessuno sforzo è costata la degustazione del gelato di datteri e noci e del drink a base di foglie di menta pestate e limone/lime, detto "green oasis" o "lemon mint" .

Innegabile la generosa ospitalità e gentilezza locale di cui ho avuto convincente prova quando, invocando il mio diritto di bibliotecaria, sono stata ammessa a visitare l'International Book Fair di Muscat, facendomi largo spudoratamente fra una moltitudine di uomini vestiti in dishdasha (3).

Il fascino immutato del cielo stellato nel deserto, gli odori delle spezie nei mercati, il profumo d'incenso e mirra, il legno con cui vengono ancora costruiti  i "dhow" a Sur, sono i baluardi eretti dal piccolo mondo antico della tradizione contro l'invadente modernità della Muscat attuale e delle città votate al turismo, il cui sviluppo  per fortuna non emula gli eccessi urbanistici dei grattacieli degli Emirati.

Wahiba sands desert(1) per saperne di più sulla storia dell'Orman precedente gli anni '70 cfr. Old Oman / W.D.Peyton.- London :  Stacey International,1999

(3) tradizionale abito lungo fino alle caviglie, in genere di colore bianco, indossato dagli uomini.